Quando tutti i teatri, le chiese, i musei e perfino le porte di ogni casa si chiusero, ci fu qualcuno che lasciò aperta una finestra e da lì poté gridare ciò che sentiva: oggi, nell’era delle reti sociali, delle città che, secondo Eduardo Galeano, avrebbero dovuto trasformarsi in “immensi deserti pieni di gente”, si accende quella fiamma che tutti abbiamo portato dentro, e che ci spinge con forza incontenibile a cercare l'altro, a unire ciascun grido dietro la finestra in un solo canto di speranza.
In questo contesto, ferito da parole come “solitudine”, “assenza”, “isolamento” e “distanziamento sociale”, nasce questo progetto con tutta la forza che l'arte ci offre per dare un nuovo significato alla realtà e trasformare il dolore, per quanto arduo sia, in frutti maturi di una nuova primavera.
“Musica senza confini” è il nome che abbiamo scelto di dare a tutte le espressioni artistiche che fioriscono in questo periodo, motivate dalla lotta contro un nemico invisibile, una guerra che abbiamo la possibilità di vincere tutti insieme. E il nostro desiderio coincide nuovamente con quello dello scrittore uruguaiano: “Speriamo di avere il coraggio di restare soli e la forza d'animo di stare vicini”.
Por que cantamos
Por qué cantamos è una canzone che nasce come poesia. Il grande poeta Mario Benedetti, diventa voce lirica corale e si chiede, ci chiede, perché si abbia ancora voglia di cantare quando la gente soffre, la vita umana sembra aver perso ogni valore e la morte ogni parvenza di umanità.
Egli, da poeta militante, si riferiva alle morti causate da una feroce dittatura, ai guasti provocati alla società dalla corruzione e da una violenta repressione, indicando al popolo la strada per ribellarsi cantando. Il canto di denuncia e di protesta, serviva allora ad infondere il coraggio di cambiare il proprio destino, a credere che la vittoria fosse a portata di mano, all’alba di una nuova stagione.
Il popolo cantava in una esistenza in cui si era persa ogni sicurezza, dove ogni uomo era diventato un bersaglio mobile e continui ostacoli erano posti sul cammino di eroi solitari.
Cantava per costruire un nuovo futuro ma anche per ricordare chi aveva lottato e chi aveva perso la vita in quella battaglia, cantava con la speranza di riassaporare i frutti maturati al sole e guardare con occhi nuovi la bellezza della natura.
Potere della musica e della memoria: una canzone-poesia, nel repertorio di un concerto dal titolo significativo "El Canto de las Palabras", si fa largo nei ricordi, sembra prendere un nuovo significato. E allora tutto trova una spiegazione. Noi, confinati nelle nostre case, privati della voce a causa della distanza che ci separa, noi che vegliamo in solitudine durante notti interminabili e ci risvegliamo angosciati percependo l’assenza dell’altro, noi di Voz latina e tantissimi altri amici cantori rispondiamo alla chiamata del nostro demiurgo Maximiliano Baños e, grazie alla magia dei mezzi tecnologici, riusciamo a cantare ancora, a cantare insieme, a cantare in coro.
Contro la tentazione della sconfitta e della disperazione si fa largo in noi il desiderio di provare ancora ad essere felici, mentre la natura, in questa fredda primavera, è capace di veicolare ancora bellezza e speranza. Tutti cantiamo ad una voce sola, aspettando di poterci riscaldare al sole che farà maturare i frutti e di uscire per le strade liberate da un nemico invisibile e subdolo.
Il nostro canto unitario, ora come allora, sarà capace di offrire una risposta ad ogni domanda.
Testo: Dolores Bizzarro